ARTICOLO CORRIERE DELLA SERA

L’Ospedale Madre Giuseppina Vannini, di proprietà dell’Istituto Figlie di San Camillo, opera nella realtà sanitaria romana ormai da numerosi decenni. Si pone all’avanguardia tra le strutture sanitarie della Regione Lazio che erogano l’assistenza a ciclo continuativo diurno e per acuzie oltre ad offrire la possibilità di interventi in regime privato; principio e fondamento a guida dell’attività è ancora, come lo è sempre stato, il binomio “scienza nuova, carità antica”. All’interno della U.O.C. di Chirurgia Generale e d’ Urgenza opera dal 2005 la Dott.ssa Valeria Gianfreda, Chirurgo dell’Apparato Digerente nonché Responsabile dell’Ambulatorio Specialistico di Colonproctologia e Patologie del Pavimento Pelvico. Con oltre 1200 visite ambulatoriali e circa 130 procedure chirurgiche specialistiche all’anno per patologie da prolasso del retto e per prolasso degli organi pelvici il reparto rappresenta un’eccellenza per quanto riguarda il trattamento di queste problematiche assai diffuse e che impattano negativamente la qualità di vita.

  • Dott.ssa Gianfreda quali sono le patologie che maggiormente vengono riscontrate?

Il prolasso del retto è responsabile della Sindrome da Ostruita Defecazione (ODS) che può manifestarsi con una serie di sintomi clinici quali stipsi, senso di incompleta evacuazione, senso di defecazione frammentata con multipli episodi defecatori durante l’arco della giornata, sanguinamento rettale, senso di peso pelvico e perineale, meteorismo, dolore anale con fuoriuscita delle emorroidi e/o del prolasso rettale.

  • Quale soluzione chirurgica proponete?

L’intervento che proponiamo e da me eseguito è l’intervento S.T.A.R.R. (Stapled Transanal Rectal Resection), ideata dal Dott. Antonio Longo. Si tratta di un intervento innovativo, mininvasivo e non doloroso, che si esegue per via transanale. L’intervento consiste nella resezione del retto distale con utilizzo di una doppia suturatrice meccanica circolare (stapler), preservando e rispettando il tessuto emorroidario, in tal modo viene asportato il prolasso del retto con una resezione rettale a tutto spessore ed effettuato il lifting delle emorroidi riposizionandole nella corretta posizione anatomica. Il paziente che si sottopone all’intervento S.T.A.R.R. può tornare alle sue normali attività quotidiane dopo un solo giorno di ricovero e in breve tempo può riprendere le attività lavorative.

  • Cosa si intende invece per prolasso degli organi pelvici?

Nell’ambito delle patologie Colonproctologiche e del Pavimento Pelvico, i prolassi degli organi pelvici rappresentano la patologia più diffusa nelle donne. Il 30-40% delle donne che hanno più di 2 figli, infatti, soffre di prolasso di vescica e di utero che si manifesta con la comparsa di una “palla” in vagina e la possibile fuoriuscita dell’utero all’esterno. I sintomi più frequenti sono la perdita di urine con la tosse o sotto sforzo, sintomi di incompleta minzione, necessità di urinare frequentemente, spesso anche di notte. Questi disturbi, seppur diffusi, imbarazzano molto le donne tanto che il 60% nasconde di averli. Al prolasso dell’utero si associa sempre il prolasso del retto e/o delle emorroidi che spesso provoca stipsi configurando il quadro di prolasso pelvico multiorgano.

  • In caso di prolasso pelvico multiorgano quale soluzione chirurgica propone Dott.ssa Gianfreda?

Propongo come soluzione chirurgica il nuovo intervento mininvasivo P.O.P.S. (Pelvic Organs Prolapse Suspension), eseguibile in laparoscopia con tre incisioni addominali di 1 cm, che consente di ”salvare” l’utero. Viene posizionata una benderella della quale un capo viene fissato alla vagina, vescica e retto ed un capo alla fascia dei muscoli addominali bilateralmente; essa consente di tirare su nella posizione anatomica naturale la vescica, la vagina, l’utero e il retto correggendo tutti i sintomi associati. Gli interventi tradizionali comportano invece quasi sempre la rimozione dell’utero e non correggono il prolasso rettale e la stipsi e il 30% delle pazienti necessita di un secondo intervento chirurgico. Salvare l’utero è importante perché, oltre alla riproduzione, serve a rispettare l’anatomia della pelvi femminile tra vescica e retto regolandone meglio le funzioni fisiologiche. Non asportare l’utero evita le tante complicanze chirurgiche connesse all’isterectomia. Infine conservare l’utero ha un ottimo impatto psicologico e sessuale sulle donne che, giustamente, vivono come una menomazione psico-fisica l’asportazione di tale organo. La tecnica, chirurgica mininvasiva, comporta una bassissima percentuale di complicanze e consente di riacquistare rapidamente una qualità di vita, in precedenza gravemente compromessa. Bastano 2-3 giorni di ricovero e dopo una settimana si possono riprendere le normali attività quotidiane. Il 97% delle donne sottoposte a P.O.P.S hanno giudicato il risultato ottimo o eccellente, dichiarandosi soddisfatte e lo consiglierebbero ad altre donne.

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